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2002 - Lotta alle mafie
27.12.2002
Nella legge 279 del 23 dicembre 2002 la modifica all'articolo 41 bis
Il "carcere duro" necessario per impedire collegamenti tra detenuti e associazioni criminali
LEGGE 23 dicembre 2002, n.279
Modifica degli articoli 4-bis e 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di
trattamento penitenziario. (GU n. 300 del 23-12-2002)
Art.1.
(Modifiche all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354)
1. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, i commi 2 e 2-bis sono sostituiti
dai seguenti:
"2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del
Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresi' la facolta' di sospendere, in tutto
o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo
del comma 1 dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la
sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione
delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in
concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni
necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze
e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente.
2-bis. I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto motivato del
Ministro della giustizia, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini
preliminari ovvero quello presso il giudice che procede ed acquisita ogni altra necessaria
informazione presso la Direzione nazionale antimafia e gli organi di polizia centrali e quelli
specializzati nell'azione di contrasto alla criminalita' organizzata, terroristica o eversiva,
nell'ambito delle rispettive competenze. I provvedimenti medesimi hanno durata non inferiore ad un
anno e non superiore a due e sono prorogabili nelle stesse forme per periodi successivi, ciascuno
pari ad un anno, purche' non risulti che la capacita' del detenuto o dell'internato di mantenere
contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.
2-ter. Se anche prima della scadenza risultano venute meno le condizioni che hanno
determinato l'adozione o la proroga del provvedimento di cui al comma 2, il Ministro della
giustizia procede, anche d'ufficio, alla revoca con decreto motivato. Il provvedimento che non
accoglie l'istanza presentata dal detenuto, dall'internato o dal difensore e' reclamabile ai sensi
dei commi 2-quinquies e 2-sexies. In caso di mancata adozione del provvedimento a seguito di
istanza del detenuto, dell'internato o del difensore, la stessa si intende non accolta decorsi
trenta giorni dalla sua presentazione.
2-quater. La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 puo'
comportare:
a) l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente
alla necessita' di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale
riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti
o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;
b) la determinazione dei colloqui in un numero non inferiore a uno e non superiore a due al
mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il
passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo
casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati
fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi
di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. I colloqui possono essere sottoposti a
controllo auditivo ed a registrazione, previa motivata autorizzazione dell'autorita' giudiziaria
competente ai sensi del medesimo secondo comma dell'articolo 11; puo' essere autorizzato, con
provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia
della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito
nel secondo comma dell'articolo 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio
telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto,
comunque, a registrazione.
Le disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i difensori;
c) la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti
dall'esterno;
d) l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
e) la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del
Parlamento o con autorita' europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia;
f) la limitazione della permanenza all'aperto, che non puo' svolgersi in gruppi superiori a
cinque persone, ad una durata non superiore a quattro ore al giorno fermo restando il limite minimo
di cui al primo comma dell'articolo 10.
2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale e' stata disposta o confermata
l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso
il provvedimento applicativo. Il reclamo e' presentato nel termine di dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento e su di esso e' competente a decidere il tribunale di sorveglianza
che ha giurisdizione sull'istituto al quale il detenuto o l'internato e' assegnato. Il reclamo non
sospende l'esecuzione. Il successivo trasferimento del detenuto o dell'internato non modifica la
competenza territoriale a decidere.
2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma
2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del
codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e
sulla congruita' del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2. Il
procuratore generale presso la corte d'appello il detenuto, l'internato o il difensore possono
proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza
del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento e va
trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Qualora il reclamo sia stato accolto con la
revoca della misura, il Ministro della giustizia, ove
intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della
decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di
reclamo. Con le medesime modalita' il Ministro deve procedere, ove il reclamo sia
stato accolto parzialmente, per la parte accolta".
Art. 2.
(Modifiche all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354)
1. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, i commi 2 e 2-bis sono sostituiti
dai seguenti:
"2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del
Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresi' la facolta' di sospendere, in tutto
o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo
del comma 1 dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la
sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione
delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in
concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni
necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze
e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente.
2-bis. I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto motivato del
Ministro della giustizia, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini
preliminari ovvero quello presso il giudice che procede ed acquisita ogni altra necessaria
informazione presso la Direzione nazionale antimafia e gli organi di polizia centrali e quelli
specializzati nell'azione di contrasto alla criminalita' organizzata, terroristica o eversiva,
nell'ambito delle rispettive competenze. I provvedimenti medesimi hanno durata non inferiore ad un
anno e non superiore a due e sono prorogabili nelle stesse forme per periodi successivi, ciascuno
pari ad un anno, purche' non risulti che la capacita' del detenuto o dell'internato di mantenere
contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.
2-ter. Se anche prima della scadenza risultano venute meno le condizioni che hanno
determinato l'adozione o la proroga del provvedimento di cui al comma 2, il Ministro della
giustizia procede, anche d'ufficio, alla revoca con decreto motivato. Il provvedimento che non
accoglie l'istanza presentata dal detenuto, dall'internato o dal difensore e' reclamabile ai sensi
dei commi 2-quinquies e 2-sexies. In caso di mancata adozione del provvedimento a seguito di
istanza del detenuto, dell'internato o del difensore, la stessa si intende non accolta decorsi
trenta giorni dalla sua presentazione.
2-quater. La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 puo'
comportare:
a) l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente
alla necessita' di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale
riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti
o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;
b) la determinazione dei colloqui in un numero non inferiore a uno e non superiore a due al
mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il
passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo
casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati
fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi
di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. I colloqui possono essere sottoposti a
controllo auditivo ed a registrazione, previa motivata autorizzazione dell'autorita' giudiziaria
competente ai sensi del medesimo secondo comma dell'articolo 11; puo' essere autorizzato, con
provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia
della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito
nel secondo comma dell'articolo 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio
telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto,
comunque, a registrazione.
Le disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i difensori;
c) la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti
dall'esterno;
d) l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
e) la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del
Parlamento o con autorita' europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia;
f) la limitazione della permanenza all'aperto, che non puo' svolgersi in gruppi superiori a
cinque persone, ad una durata non superiore a quattro ore al giorno fermo restando il limite minimo
di cui al primo comma dell'articolo 10.
2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale e' stata disposta o confermata
l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso
il provvedimento applicativo. Il reclamo e' presentato nel termine di dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento e su di esso e' competente a decidere il tribunale di sorveglianza
che ha giurisdizione sull'istituto al quale il detenuto o l'internato e' assegnato. Il reclamo non
sospende l'esecuzione. Il successivo trasferimento del detenuto o dell'internato non modifica la
competenza territoriale a decidere.
2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma
2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del
codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e
sulla congruita' del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2. Il
procuratore generale presso la corte d'appello il detenuto, l'internato o il difensore possono
proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza
del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento e va
trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Qualora il reclamo sia stato accolto con la
revoca della misura, il Ministro della giustizia, ove
intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della
decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di
reclamo. Con le medesime modalita' il Ministro deve procedere, ove il reclamo sia
stato accolto parzialmente, per la parte accolta".
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Nota all'art. 2:
Il testo dell'art. 41-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato
della legge qui pubblicata, e' il seguente:
"Art. 41-bis (Situazioni di emergenza).
1. In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro di
grazia e giustizia ha facolta' di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso
l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione
deve essere motivata dalla necessita' di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata
strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto.
2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del
Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresi' la facolta' di sospendere, in tutto
o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo
del comma 1 dell'art. 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la
sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione
delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in
concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni
necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con
l'associazione di cui al periodo precedente.
2-bis. I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto motivato del
Ministro della giustizia, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini
preliminari ovvero quello presso il giudice che procede ed acquisita ogni altra necessaria
informazioni presso la Direzione nazionale antimafia e gli organi di polizia centrali e quelli
specializzati nell'azione di contrasto alla criminalita' organizzata, terroristica o eversiva,
nell'ambito delle rispettive competenze. Provvedimenti medesimi hanno durata non inferiore ad un
anno e non superiore a due e sono prorogabili nelle stesse forme per periodi successivi, ciascuno
pari ad un anno, purche' non risulti che la capacita' del detenuto o dell'internato di mantenere
contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.
2-ter. Se anche prima della scadenza risultano venute meno le condizioni che hanno
determinato l'adozione o la proroga del provvedimento di cui al comma 2, il Ministro della
giustizia procede, anche d'ufficio alla revoca con decreto motivato. Il provvedimento che non
accoglie l'istanza presentata dal detenuto, dall'internato o dal difensore e' reclamabile ai sensi
dei commi 2-quinquies e 2-sexies. In caso di mancata adozione del provvedimento a seguito di
istanza del detenuto, dell'internato o del difensore, la stessa si intende non accolta decorsi
trenta giorni dalla sua presentazione.
2-quater. La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 puo'
comportare:
a) l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente
alla necessita' di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale
riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, in relazione con altri detenuti
o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;
b) la determinazione dei colloqui in un numero non inferiore a uno e non superiore a due al
mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il
passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi,
salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per
gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria
competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'art. 11. I colloqui possono essere
sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione previa motivata autorizzazione dell'autorita'
giudiziaria competente ai sensi del medesimo secondo comma dell'art. 11; puo' essere autorizzato,
con provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia
della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito
nel secondo comma dell'art. 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio
telefonico mensile con i
familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto, comunque, a
registrazione. Le disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i difensori;
c) la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti
dall'esterno;
d) l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
e) la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del
Parlamento o con autorita' europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia;
f) la limitazione della permanenza all'aperto, che non puo' svolgersi in gruppi superiori a
cinque persone, ad una durata non superiore a quattro ore al giorno fermo restando il limite minimo
di cui al primo comma dell'art. 10.
2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale e' stata disposta o confermata
l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso
il provvedimento applicativo. Il reclamo e' presentato nel termine di dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento e su di esso e' competente a decidere il tribunale di sorveglianza
che ha giurisdizione sull'istituto al quale il detenuto o l'internato assegnato. Il reclamo non
sospende l'esecuzione. Il successivo trasferimento del detenuto o dell'internato non modifica la
competenza territoriale a decidere.
2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma
2-quinquies decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice
di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento e sulla
congruita' del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2. Il procuratore
generale presso la corte d'appello, il detenuto, l'internato o il difensore possono proporre, entro
dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per
violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento e va trasmesso senza
ritardo alla corte di cassazione. Qualora il reclamo sia stato accolto con la revoca della misura,
il Ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2,
deve, tenendo conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non
valutati in sede di reclamo. Con le medesime modalita' il Ministro deve procedere ove il reclamo
sia stato accolto parzialmente, per la parte accolta.".
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Art. 3.
(Abrogazioni)
1. Sono abrogati l'articolo 6 della legge 7 gennaio 1998, n. 11, e successive modificazioni,
l'articolo 1 della legge 16 febbraio 1995, n. 36, nonche' l'articolo 29 del decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa di euro 3,6 milioni annui a
decorrere dal 2003. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle
proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito
dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del
Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando
l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
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Note all'art. 3:
- La legge 7 gennaio 1998, n. 11, reca: "Disciplina della partecipazione al
procedimento penale a distanza e dell'esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia, nonche'
modifica della competenza sui reclami in tema di art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario.".
- La legge 16 febbraio 1995, n. 36, reca: "Proroga delle disposizioni di cui all'art. 41-bis
della legge 26 luglio 1975, n. 354, sulla sospensione delle normali regole di trattamento
penitenziario".
- Il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, della legge 7 agosto
1992, n. 356, reca:
"Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla
criminalita' mafiosa".
Art. 4.
(Disposizioni transitorie)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 1 non si applicano nei confronti delle persone
detenute per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale ovvero per delitti
posti in essere per finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine
democratico commessi precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. I provvedimenti, emessi dal Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 41-bis della
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, anteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge, conservano efficacia fino alla scadenza in essi prevista anche se
successiva alla predetta data.
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Nota all'art. 4:
- Si riporta il testo degli articoli 600, 601 e 602 del codice penale:
"Art. 600 (Riduzione in schiavitu). - Chiunque riduce una persona in schiavitu' o in
condizione analoga alla schiavitu', e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni".
"Art. 601 (Tratta e commercio di schiavi). - Chiunque commette tratta o comunque fa commercio
di schiavi o di persone in condizione analoga alla schiavitu' e' punito con la reclusione da cinque
a venti anni.
Chiunque commette tratta o comunque fa commercio di minori degli anni diciotto al fine di
indurli alla prostituzione e' punito con la reclusione da sei a venti anni".
"Art. 602 (Alineazione e acquisto di schiavi). -
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, aliena o cede una persona che si
trova in stato di schiavitu' o in una condizione analoga alla schiavitu' o se ne impossessa o ne fa
acquisto o la mantiene nello stato di schiavitu', o nella condizione predetta, e' punito con la
reclusione da tre a dodici anni.".
Art. 5.
(Relazione al Parlamento)
1. Ogni tre anni il Presidente del Consiglio dei ministri presenta al Parlamento una
relazione sullo stato di attuazione della presente legge.
Art.6.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e
di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 23 dicembre 2002
CIAMPI