Anna Tarantino
Sono Anna Tarantino, imprenditrice. Io e la mia famiglia abbiamo subito intimidazioni e minacce a mano armata, ma nulla ci ha fermati.
Il primo tentativo di estorsione risale al 2001 ma io e mio marito Antonio, titolari del Bar Seccia di via Monteoliveto, nei pressi della Questura di Napoli, denunciammo, mandando in carcere gli esponenti del clan che gestivano il racket nel centro storico della città e che tentarono, invano, di farci entrare nel loro libro paga.
Tuttavia gli estorsori dopo pochi anni ritornarono in libertà e la notte di Capodanno del 2010, con una bomba carta, incendiarono l’attività di famiglia, come vendetta per il coraggio e la forza dimostrati.
Ma nonostante la gravità della situazione, non ci arrendemmo e decidemmo di lottare. Lo Stato c’è, ma è indispensabile anche il coraggio degli operatori economici, che ribellandosi alla camorra, decidono di svolgere la propria attività nella legalità. Dopo pochi giorni dal terribile attentato conoscemmo Tano Grasso e la FAI e, con il sostegno delle associazioni antiracket, delle forze dell’ordine e delle istituzioni, il Bar riaprì più bello di prima.
Grazie al Fondo di Solidarietà per le vittime dei reati estorsivi e di usura - ex Legge 44/99 - il 18 febbraio del 2011, dopo appena 48 giorni dal grave incendio doloso, la nostra attività, andata completamente distrutta, ritornò a nuova vita. Questa è la dimostrazione concreta che oggi ci sono tutte le condizioni per ribellarsi al racket e chi non lo fa non ha scusanti.